Ciao!
Questa è Mise en abyme e parliamo di cinema.
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COME STATE? io indaffaratissima, c’è sempre quel momento dell’anno (a cavallo tra aprile e maggio) in cui la mia vita prende un’accelerata e le cose da fare si accumulano. Stiamo lavorando al nuovo cartaceo di Rivista Stanca e abbiamo organizzato un mini tour in Italia in cui faremo due chiacchiere, attraverseremo spazi nuovi, ci berremo le birrette.
Il 16 maggio ci sarà una grande festa a Torino per il Salone, letture+musica+banchetti alla bocciofila Rami secchi in Vanchiglietta. Sarà bellissimo!
Il giorno dopo, il 17 maggio, saremo sia a Firenze che a Roma, ospiti rispettivamente della Sagra del Manifesto e della Festa della Certosa di Ciro Principessa.
Il 25 maggio saremo ospiti al TAM Festival dell’Editoria indipendente sempre a Firenze e poi il weekend successivo a LIBRIGANZI a Gagliano Aterno.
Con me ci vediamo a Torino e a Gagliano, che bello.
Cosa c’è da vedere a Roma?
L'8 maggio arriva nelle sale BIRD il quarto film di Andrea Arnold, che racconta la storia di Bailey, una dodicenne che vive in uno squat nel nord del Kent con il padre Bug e il fratello Hunter. Il film mescola elementi di formazione sociale con il fantastico tramite il personaggio di Bird, un uomo-uccello che aiuta Bailey a confrontarsi con la realtà che la circonda. Bird non è un protettore della bambina, piuttosto un aiutante, in una periferia che non può contemplare la presenza di eroi. Attraverso questo legame si crea una contaminazione di genere inaspettata: una pellicola che sembra sapientemente cucita per una storia di formazione con lente politico-sociale al modo di Ken Loach rompe gli schemi dei dialoghi serrati ed ideologici e permette un esercizio di utopia attraverso l'introduzione di un personaggio fantasy. L’ho visto la scorsa settimana in anteprima al Cinema Aquila (tutte le anteprime sparse per la città di questo film erano gratuite) e che dire, veramente un bel film. Arnold è un'autrice che mi piace molto, che sa sapientemente posizionare il suo sguardo e reinventare la sua grammatica visiva senza perdere la sua identità (i suoi movimenti di camera sono visibili, l'adolescenza è sempre fragile, gli occhi si posano sempre sugli animali). Lo potete vedere al Cinema Troisi alle 14.30 / 19.00 / 21.30 in lingua originale, andate!
Sempre oggi esce Il quadro rubato di Pascal Bonitzer, commedia francese “brillante” che racconta la storia di André Masson, specialista in arte moderna, riceve una lettera secondo la quale a Mulhouse sarebbe stato scoperto un dipinto di Egon Schiele, scomparsa dal 1939. Questa scoperta mette in pericolo la sua carriera. Altro film consigliato per mia mamma, si può vedere al Cinema Barberini alle 14.30 o alle 20.45 doppiato in italiano.
Alla Casa del Cinema stasera alle 20.00 c’è Shining di Kubrick che è sempre vedere sul grande schermo. L’ingresso costa 5 euro.
Ora un po’ di rassegne sparse che mi sembrano cool:
Sempre a proposito della Casa del Cinema, continuano le bellissime rassegne, c’è un programma fittissimo consultabile qui. Vi faccio un po’ di anticipazioni sparse: martedì 13 c’è Dr Stranamore di Kubrick, mercoledì 15 c’è Stromboli di Rossellini, sabato 17 c’è La classe operaia non va in paradiso di Petri. L’ingresso costa 5 euro.
Continuano le rassegne al Cinema Troisi, la domenica mattina è dedicata al cinema di Blake Edward: 11/05: Breakfast at Tiffany’s (Colazione da Tiffany), 18/05: A Shot in the Dark (Uno sparo nel buio), 25/05: The Party (Hollywood Party). Ingresso 3 euro.
Al Palazzo Delle Esposizioni (Via Nazionale) continua la rassegna, A qualcuno piace classico. C’è La morte della maschera nera di Roger Corman. Dal sito ufficiale: “Il tirannico Prospero, principe medievale adoratore del demonio, opprime i contadini del villaggio, ma all’arrivo del contagio della morte rossa non gli basterà rinchiudersi nel castello. Tra i film più amati e riusciti tra quelli che Corman ha tratto da Poe (dal racconto del titolo ma anche dal meno noto Hop-Frog), in perfetto equilibrio tra atmosfere inquietanti e spessore filosofico e forte della suggestiva fotografia di Nicolas Roeg.” Restauro 4K versione integrale a cura di Academy Film Archive e The Film Foundation. Ingresso fino a esaurimento posti.
Raccontino-ino-ino:
riflessioni, frammenti, pensieri sul cinema e sul luogo-cinema
Oggi vi prendete il mio ultimo pezzo uscito per IlTascabile, una piccola (iniziale) riflessione sul rapporto tra nostalgia mediale, rappresentazione della giovinezza ed estetica degli home movies:
“Una camera fissa su un tramonto dalle striature bordeaux, arancioni, violacee. In sottofondo il voiceover di un ragazzo che si chiede se esiste un posto per gli strani come lui; è stanco di sentirsi diverso, “qualunque posto è meglio di Wiley, bisogna avere solo il coraggio di andare dall’altra parte” dice. La camera inizia a muoversi, come se una mano tremula creasse piccole sovrimpressioni della stessa immagine, per qualche secondo il tramonto si sdoppia. La sequenza successiva è diurna, una ragazza corre dentro una struttura decadente che si affaccia su un fiume, poi una serie di riprese con una telecamera a mano, la grana è sporca, tanti sono i close-up e gli zoom repentini: volti di ragazzi e ragazze in costume e pantaloncini che si arrampicano nella struttura, si tuffano nel fiume o escono dall’acqua. Immaginiamo che il punto di vista sia quello del ragazzo della voce iniziale, è lui che riprende i suoi amici, è lui che documenta la sua giovinezza. La storia di Gasoline Rainbow (2023), diretto dai fratelli Ross e distribuito da Mubi, racconta il viaggio post-maturità di un gruppo di ragazzi e ragazze da Wiley (Oregon) alla West Coast. Di seguito appariranno: un camper vintage, foto scattate da Polaroid, una lunghissima sequela di tramonti, feste improvvisate, pantaloncini a vita alta per le ragazze e baggy per i ragazzi. Se non apparissero i telefoni e si citasse Amazon Music si faticherebbe a capire l’epoca in cui è ambientato.Il set sembra lo stesso di Kids (1995) di Larry Clark ma la differenza è che i protagonisti di Gasoline Rainbow non sono stati raccattati a Washington Park negli anni Novanta e nonostante non siano attori professionisti, la messa in scena è ben presto svelata. Il punto di vista incarnato è una scelta registica precisa, si vuole creare uno spazio di prossimità tra i ragazzi e il pubblico. La sensazione che il film lascia è quella di una nostalgia pervasiva, che sembra frutto di un nuovo laboratorio algoritmico di un certo cinema che sta colonizzando l’immaginario del cinema indipendente. Tra l’altro in un momento storico in cui è sempre più difficile capire cosa voglia dire cinema indipendente (budget? estetica? narrazione?). Gasoline Rainbow è un perfetto esempio di una nuova ondata di cinema della nostalgia con un’estetica precisa che potremmo chiamare “estetica Mubi”: punto di vista del protagonista incarnato, falsa prossimità con il reale, ambientazione durante periodi sospesi e irripetibili (l’estate, la vacanza, la festa di compleanno), epoca non ben esplicitata, capacità di comunicare al pubblico attraverso la creazione di un dispositivo nostalgico e ricattatorio.
La sensazione che Gasoline Rainbow lascia è quella di una nostalgia pervasiva, che sembra frutto di un nuovo laboratorio algoritmico di un certo cinema che sta colonizzando l’immaginario del cinema indipendente.
Parliamo non di generica nostalgia, ma di quella che Emiliano Morreale nel suo saggio L’invenzione della nostalgia (2009) chiama “nostalgia mediale” che “ha come presupposto la separazione tra memoria e storia, ossia il dato di fatto che il passato venga fruito pubblicamente e privatamente in maniera non-storica […] è contemporaneamente individualizzante e generazionale, feticista con tendenza al gusto del brutto e del negletto; rapida nei suoi cicli di recupero; infantile o adolescenziale più che giovanilista. […] Non basta il rimpianto di un passato perché si dia nostalgia mediale, […] occorre anche che questa nostalgia sia vissuta come propria intimità, come parte del proprio essere. Il nostro tema dunque non è il contenuto o il processo (memoria), ma proprio la modalità (la nostalgia)”.
Un altro esempio lo possiamo trarre da Aftersun (2022) diretto da Charlotte Walls e sempre distribuito da Mubi. Il film inizia con un buio protratto per tutti i titoli di testa, sentiamo solo il rumore metallico di una videocamera che si sta accendendo. Poi appare l’immagine amatoriale e asimmetrica di un uomo che scherza e saltella sulla soglia tra stanza da letto e balcone, sentiamo la voce della bambina che sta riprendendo, lo prende in giro, poi chiede di intervistarlo, lui ormai è fuori in balcone e sta ritirando i panni stesi, si incupisce insieme all’immagine stessa che vira verso una scala di neri. La bambina gira la camera, riprende sé stessa e fa al padre una domanda specifica: “Io ho undici anni, tu come ti immaginavi da grande quando avevi undici anni?”. Ritroviamo tutte le caratteristiche dell’estetica Mubi: punto di vista del protagonista incarnato dalla bambina che crea una falsa prossimità con il reale, l’epoca non ben esplicitata (che è un generico passato, poi si intuisce siano gli anni Novanta per il vestiario e per l’assenza di telefoni) e l’ambientazione in un tempo sospeso, quello della vacanza estiva tra un padre e una figlia in un villaggio turistico in Turchia (indicativa anche qui l’arena chiusa in cui si muovono i personaggi).
Aftersun come Gasoline Rainbow lascia addosso una sensazione di forte nostalgia mediale che è duplice: da una parte è legata alla visione di oggetti di massa (l’handycam anni Novanta, le Polaroid, il camper); dall’altra è legata al modo con il quale è mediata l’immagine che vediamo. Se il discorso di scatenamento della nostalgia legato a oggetti di massa è più evidente, meno studiato è il rapporto tra le nuove forme di nostalgia e i mezzi con cui rappresentiamo la nostalgia stessa.” Per continuare a leggerlo QUI.
Per oggi è tutto, ci sentiamo tra due settimane.
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