Ciao!
Questa è Mise en abyme e parliamo di cinema.
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COME STATE? io sono reduce dal Festival di letteratura working class a cura del collettivo della GKN. Due giorni sulle diverse traiettorie di incontro tra racconto del lavoro (e soprattutto dei lavoratori) e letteratura. Testimonianza, autobiografia sociale e familiare, storie di migrazioni e fabbriche, un bellissimo corteo che ha portato dai Campi Bisenzio al Circolo Arci Rinascita (un augurio, un esercizio di immaginazione). Qui una riflessione sul rapporto tra collettività e lavoro culturale uscita su Rivista Stanca lo scorso anno ma ancora valida.
Tra l’altro con l’occasione ho comprato Missitalia di Claudia Durastanti che ho subito iniziato a leggere. Mi sembra particolarmente curioso il filo immaginario che si sta creando tra le mie ultime letture: dalla ricostruzione tra reale e fittizio di Angela, la madre di Franchini (nel suo Il fuoco che ti porti dentro) filtrata dal punto di vista di figlio maschio, a Missitalia che inizia con la figura di Amalia Spada detta Madre che è un personaggio di pura immaginazione (nella declinazione più luminosa del termine) nella quale la materecità della terra vulcanica (dalla quale infatti proviene) si fonde con una sua personale capacità di desiderare sempre altro (già nella prima pagina mi è piaciuto moltissimo che Amalia Spada si è dimenticata di desiderare figli, proiettando subito il suo desiderio tutto da un’altra parte). Per ora ne sono entusiasta.
Cosa c’è da vedere a Roma?
Oggi esce al cinema San Damiano di Gregorio Sassoli e Alejandro Cifuentes, documentario indipendente presentato alla Festa del Cinema di Roma. Ma di che parla? sempre bello leggere le presentazioni online dei film (quasi tutte le volte mi fanno venire voglia di non andare al cinema, anche se magari meritano): “Damiano, 35 anni, riesce a scappare dall'ospedale psichiatrico polacco in cui era ricoverato e trova il modo di raggiungere Roma, dove vorrebbe partire da zero e iniziare una nuova vita, pur non avendo neanche un soldo in tasca. Il giovane si rifiuta di dormire per strada e si rifugia in una torre sulle antiche mura romane, dove incontra la volitiva Sofia. I due iniziano a frequentarsi, nonostante le fragilità psichiche di Damiano”. Lo potete vedere al Cinema Troisi (Zona Trastevere) alle ore 20. Sono curiosa.
Sempre oggi esce al cinema il nuovo film prodotto dall’A24 (quanto è sintomatico che abbiamo iniziato a citare le case di produzioni come se fossero brand, senza più preoccuparci di chi sono i registi? facendo una rapida ricerca su google scopro che il regista è Alex Scharfman e come prima voce mi esce “produttore” e non “regista”, non mi stupisce, l’idea che un certo cinema indipendente- già corrotto- potesse ripartire dell’A24 è stata la più grande psicosi collettiva degli ultimi anni), di seguito la trama del film preso da un articolo di Wired: “i due attori protagonisti interpretano un padre e una figlia che, diretti alla casa di un ricco magnate farmaceutico, sono coinvolti in un incidente in cui investono uno strano animale che si rivela essere - come sbotta giustamente a un certo punto Ortega - “un c*zzo di unicorno”. Quando la coppia porta l'unicorno presso la magione dell'imprenditore, interpretato da un sempre istrionico Richard E. Grant, scoprono che è ancora in vita e soprattutto che il suo corno può essere utilizzato per le sue speciali facoltà, in particolare quelle di curare malattie come il cancro. Mentre il personaggio di Ortega tenta di convincere il padre a non lasciare che il prezioso animale venga sfruttato da queste persone senza scrupoli, a un certo punto gli eventi prendono una piega violenta quando interviene una creatura molto diversa dall'unicorno investito e che sembra rappresentare una tremenda minaccia per tutte le persone coinvolte” (in grassetto le cose che mi fanno più ridere di questo paragrafetto, è inutile dire che sembra tremendo) comunque se lo volete vedere lo potete fare al Cinema Barberini alle 15 o alle 22 in lingua originale (persino un cinema come il barberini che tenta di trattenere cinema mainstream e cinema di nicchia lo ostracizza negli orari meno bazzicati, le 15 sono presto persino per gli anziani che schiacciano un pisolino post pranzo e le 22 è un orario che funziona solo se abiti vicino al cinema- chi abita vicino piazza barberini non va a vedere questo film, no?).
Oggi torna al cinema un cult del body horror giapponese: Tetsuo di Shin'ya Tsukamoto. Film dell’89 scritto, montato e prodotto dal regista in cui lo stop-motion si piega non solo su figure inanimate ma anche sugli attori in scena creando una visione distorta (e un’estetica cyberpunk). In tre parole: un auto-feticista si autoimposta pezzi metallici nel corpo in maniera sempre più ossessiva. Al Cinema Troisi c’è alle 15.30 in coppia con l’ultimo film di Cronenberg, The Shroud (che inizia alle 17.30, subito dopo). Se avete voglia di stare male fisicamente (almeno io reagisco così) ma farvi una carrellata di due maestri del body horror è una giusta scelta (tra l’altro super significativo entrare al cinema a vedere l’opera prima di Tsukamoto e uscire avendo visto l’ultima di Cronenberg).
Ora un po’ di rassegne sparse che mi sembrano cool:
Continuano le bellissime rassegne alla Casa del cinema (Zona Villa Borghese), c’è un programma fittissimo consultabile qui. Vi faccio un po’ di anticipazioni sparse: sabato 12 aprile c’è KUN BANG SHANG TIAN TANG (BOUND IN HEAVEN) di Huo Xin; domenica 13 aprile c’è LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI di NANNI LOY; venerdì 18 aprile una meravigliosa doppietta firmata ORSON WELLES: alle 18 c’è F FOR FAKE e alle 20 c’è OTELLO. Il biglietto costa 5 euro.
Continuano le rassegne al Cinema Troisi, in ordine abbiamo il martedì alle 18 il cinema di Agnès Varda, il mercoledì alle 18 il cinema di Aki Kaurismaki, il sabato mattina il cinema di Leo Carax (sì, è nuova!) e domenica mattina sempre la retrospettiva dello Studio Ghibli. Qui tutti i film in rassegna. Il weekend il biglietto costa 3 euro, durante la settimana invece costa 8 euro. Ci vediamo sabato mattina a vedere Les Amants du Pont-Neuf! Chi c’è?
Al Palazzo Delle Esposizioni (Via Nazionale) continua la rassegna, A qualcuno piace classico. Il 15 aprile c’è SGOMENTO di MAX OPHULS. Una delle mie cose preferita è leggere le didascalie di presentazione dei film, qui dal sito ufficiale del Palazzo Delle Esposizioni: “Quando sua figlia le confessa di aver ucciso per errore il suo amante, Lucia decide di occultarne il cadavere, ma cade nella rete di un ricattatore. Quest’ultimo però finisce per subire il fascino della donna… Ultimo film girato da Ophuls a Hollywood, inizia come un noir ma vira presto verso il mélo, genere più congeniale a uno dei pochi cineasti idolatrati da Kubrick, per il suo incredibile talento nel muovere la cinepresa e dirigere gli attori” (cioè saper fare il regista eheh). Comunque bella proiezione! gratis fino esaurimento posti.
Per il mese di Aprile al KINEMA FANFULLA, appuntamento del martedì al circolo arci, c’è una retrospettiva sul cinema palestinese. QUI per consultare il programma.
Raccontino-ino-ino:
riflessioni, frammenti, pensieri sul cinema e sul luogo-cinema
Ok, ora fino a qui abbiamo scherzato. Parliamo di Severance, anzi facciamoci delle domande insieme. Qui sotto una serie di interrogativi aperti e alcuni tentativi di risposte di alcuni utenti:
Da IlTascabile un pezzo scritto da Irene Frau su Ottimismo crudele di Berlant (Timeo) che sto leggendo piano piano: “La condizione di possibilità per il sogno americano e la relazione di ottimismo crudele con ciò che promette possono essere ricondotte anche alla ripetizione ossessiva di un presente continuo, che Max Horkheimer e Theodor W. Adorno rintracciarono perfino nel jazz. In Dialettica dell’illuminismo (1947) definiscono questo genere musicale come espressione e sintomo della “vita nel tardo capitalismo”, cadenzata da “un rito di iniziazione permanente” per il quale “Ognuno deve mostrare che si identifica senza riserve col potere che lo batte. Ognuno può essere come la società onnipotente, ognuno può diventare felice, purché sia disposto a concedersi corpo e anima e a rassegnare la sua pretesa alla felicità”.
Rispetto all’interpretazione di Lévinas sul desiderio, comparandola alla lettura di Horkheimer e Adorno sull’identificazione col potere, è possibile dedurre che il capitalismo funzioni perché ricalca la dinamica ritualizzata dell’ascensione, tendente all’infinito, propria della fede nelle religioni abramitiche. Al contempo, pur presupponendo il sacrificio e l’accettazione, elimina ogni legame con l’etica o con la dimensione contemplativa del sacro, lasciando che la promessa di un’ascesi verso una vita migliore governi ogni ambito dell’esistenza, dettando il ritmo delle giornate. Così, nel mondo contemporaneo il desiderio di normatività resta attraente anche se, per il soggetto, le condizioni di vita ordinaria sono logoranti. Non si tratta di utopia, ma di promettere una vita migliore a seguito di una di penitenze.
Tornando a Berlant, per l’autrice la volontà di adeguarsi al modello di normatività, incoraggiata dalla società neoliberista, è alimentata dal sistema egemonico su più fronti. Uno di questi è la messa a punto di “tecnologie della pazienza”, ideate per indirizzare il propendere al futuro con ottimismo e, allo stesso tempo, per sospendere il giudizio sulla crudeltà del presente. Il desiderio di conformità è rafforzato anche dalla stigmatizzazione di ogni tentativo di lateral agency, intesa come la volontà di abbrutimento, lo scivolare nella morte lenta, in opposizione all’agentività sovrana del soggetto neoliberista, che costruisce ed estende l’io con intenzionalità propulsiva. Di contro, l’azione laterale interrompe il ritmo della produzione capitalistica e sospende il movimento in avanti dell’io. L’agentività laterale è quindi, sia una forma di ciò che Berlant chiama “morte lenta”, sia un modo per sopravvivere alle incessanti richieste del lavoro professionale, domestico e affettivo”.
Sono andata al cinema Modernissimo di Bologna a vedere Fantozzi restaurato, qui un ritratto di Luciano Salce a cura di Giacomo Manzoli: “Salce è brillante, ironico, caustico e amarissimo. Il cinema continua a intrigarlo e la prima regia italiana, del 1960, riguarda un sofisticato vaudeville di Hannequin, Le pillole di Ercole, nel quale già si ritrova un cast di primissimo livello (Vittorio De Sica, Nino Manfredi, un giovanissimo Oreste Lionello e molti altri), ma sono i due film successivi ad imporlo come una delle figure maggiormente capaci di interpretare lo spirito distruttivo della nascente commedia all’italiana, vale a dire Il Federale (1961) e La voglia matta (1962). Di tutti i personaggi mostruosi che vengono elaborati dalla generazione di Salce (per esempio, dallo stesso Rodolfo Sonego che scrive Il carro armato dell’8 settembre…), forse il vigilante autistico, fedele al verbo mussoliniano anche dopo la fine di tutto, magistralmente reso da Ugo Tognazzi, è il più spaventoso e realistico, proprio perché è il più stupido. E la sua stupidità è fatta risaltare ancor di più dal confronto con la saggezza profonda e commovente dell’anziano professore antifascista che legge L’infinito di Leopardi e prova disperatamente a far scaturire una scintilla nella mente ottusa del suo compagno e carceriere. Ovviamente, gran parte del merito va a Castellano e Pipolo, autori della sceneggiatura, a Tognazzi, a Ennio Morricone che inizia qui il suo lavoro cinematografico, ma Salce qualcosa di suo sicuramente l’ha messo, non fosse altro nella scelta del soggetto e nell’assemblaggio di tanti talenti a lui affini”.
Per oggi è tutto, ci sentiamo tra due settimane.
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