#21 marachelle e coriandoli
Noi e loro, Becoming Led Zeppelin, Diciannove & un po' di animazione
Ciao!
Questa è Mise en abyme e parliamo di cinema.
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Come state? qui giornate frenetiche e piuttosto calde per essere ancora febbraio. Oggi sono a Firenze per fare un po’ di giretti per TESTO, la fiera della piccola editoria. Domani c’è un bellissimo aperitivo in collaborazione con varie realtà editoriali fiorentine (Lay0ut + Gingko + Ratpark) in cui si parla di come aprono e soprattutto come chiudono le riviste culturali, poi musichette. Se siete a Firenze, passate all’EXFO a farci un salutino.
Tra l’altro con la Rivista abbiamo lanciato il nostro primo progetto editoriale di ricerca indipendente: una storia delle riviste culturali online da inizio anni 2000 a oggi. QUI l’editoriale che spiega tutto.
State vedendo Severance, vero? per me è una delle migliori serie degli ultimi anni. Sta reggendo botta in questa seconda stagione, tra la terza e la quarta puntata ho trattenuto il fiato perché stava quasi virando verso qualcosa di semplificatorio. Per fortuna dalla quinta ha virato nuovamente verso una matassa ingarbugliata, inquietante e allucinatoria. Non vedo l’ora di vedere il resto.
Cosa c’è da vedere a Roma?
Oggi esce al cinema NOI E LORO di Delphine e Muriel Coulin. Il film francese è stato presentato in concorso all'81ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, dove Vincent Lindon ha ricevuto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile. Il film racconta la storia di Pierre, un operaio cinquantenne padre di due figli. Quando il figlio minore, Louis, lascia la casa per frequentare la Sorbona, il figlio maggiore, Fus, diventa più chiuso e si interessa a idee di estrema destra, mettendo a dura prova i legami familiari. Lo potete vedere al Cinema Madison (Zona San Paolo) alle ore 17.15 e 19.25, doppiato in italiano.
Sempre oggi esce al cinema BECOMING LED ZEPPELIN diretto da Bernard MacMahon. È il primo documentario autorizzato sulla band britannica che esplora i percorsi individuali dei quattro componenti dei Led Zeppelin attraverso la scena musicale degli anni '60, evidenziando i loro inizi in piccoli club inglesi e culminando nell'incontro estivo del 1968 che avrebbe cambiato per sempre le loro vite. Becoming Led Zeppelin è stato presentato in anteprima alla 78ª Mostra del Cinema di Venezia nel 2021. Lo potete vedere al Cinema Moderno (Piazza della Repubblica) alle 21,30 oppure al Cinema Lux (Zona Trieste) alle 16.00 / 18.30 / 21.00, doppiato in italiano.
Oggi esce al cinema A REAL PAIN di JESSE EISENBERG, miglior sceneggiatura all’ultimo Sundance. Il film racconta la storia di “due cugini con caratteri diversi, David e Benji, intraprendono un viaggio in Polonia per rendere onore all'adorata nonna. L'avventura giunge a una svolta quando le vecchie tensioni della coppia riemergono sullo sfondo della loro storia familiare”. Io sono una grande fan di Kieran Culkin, anche se non sono molto convinta… vediamo. Comunque lo potete vedere al Cinema Farnese (Zona Campo De’ Fiori) alle 15.30 / 17.30 /19.30.
Sempre oggi esce DICIANNOVE, il film d'esordio del regista GIOVANNI TORTORICI, prodotto da Luca Guadagnino. La pellicola è stata presentata nella sezione Orizzonti alla 81ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Sì, è l’ennesimo film scritto da un pischello ricco che racconta la storia di pischelli ricchi (non arricchiti come Castellitto, badate bene). Un film su quanto è difficile crescere con una casa di proprietà in centro e i genitori che non ascoltano le tue velleità artistiche, ma puff in una cena tra amici di amici incontri guadagnino che ti produce il film e alla fine non ti va manco così male caro giovanni eh che prurito. Non l’ho visto ovviamente sono solo le mie proiezioni e previsioni servite fredde con una spruzzata di rosicata e una granella d’odio. AAAAAAAAAAA. Comunque lo potete vedere (ovviamente) al Cinema Troisi (evviva i baroni!) alle 15.00 o alle 19.30.
Alla Casa del Cinema c’è una doppietta interessante: THE MAN WHO WOULD BE KING di John Huston alle 18.00 + MISSING di Costa-Gavras alle 20.30. Costa 5 euro, andate andate.
Ora un po’ di rassegne sparse che mi sembrano cool:
Continuano le bellissime rassegne alla Casa del cinema (Zona Villa Borghese), c’è un programma fittissimo consultabile qui. Vi faccio un po’ di anticipazioni sparse: sabato 1 marzo c’è una doppietta incredibile: Umberto D. di De Sica alle 18.30 + Persona di Bergman alle 20.00 (tra i miei film preferiti della storia del cinema :D ve la butto così); lunedì 3 alle 20.00 c’è Miracolo a Milano di De Sica (forse il mio film preferito di sempre lol) e sabato 8 marzo c’è la doppietta La fontana della vergine di Bergman + un film collettivo (Visconti e Rossellini per dirne un paio) intitolato Siamo donne [ma girato da tutti uomini obv]. Sempre cinque euro, piccolo prezzo, grandi film. Tra l’altro finisce che non riesco mai ad andarci, ci organizziamo?
Al Cinema Troisi ci sono due rassegne in corso (ancora per poco, quindi su su): Miyazaki+Studio Ghibli (la domenica alle 11, I racconti di Terramare il 2 marzo) e Anderson (il sabato alle 11, The master il 1 marzo e Vizio di forma l’8). Costa 3 euro.
Al Palazzo delle Esposizioni la rassegna A qualcuno piace classico, una retrospettiva molto ampia: il 4 marzo c’è Dies Irae di Dreyer, introdotto da Raffaele Meale, critico cinematografico. Di che parla? “nel 1623, la giovane moglie di un pastore protestante e il figlio di lui, nato da un matrimonio precedente, hanno una relazione clandestina. Ma il clima di repressione che avvelena il paese fa sospettare la donna di stregoneria. Girato durante l’occupazione nazista della Danimarca, con uno stile quasi ascetico, questa parabola sull’intolleranza e sull’ambiguità della natura umana resta una delle espressioni più pure del genio di Dreyer”. Non l’ho mai visto, proverò a recuperare, ingresso libero fino a esaurimento posti.
Raccontino-ino-ino:
riflessioni, frammenti, pensieri sul cinema e sul luogo-cinema
Nessun articolo dalla Berlinale perché tanto siamo tutti (quasi, non i giovanni tortorici del mondo) qui in Italia ancora a vedere film del 2022/2023 usciti in sala anni dopo, quindi è inutile fare finta. Vi prendete invece un gran pezzo di Marco Arienti uscito su IlTascabile che si intitola Il corpo dietro uno schermo blu, un lungo estratto: “Blue, l’ultimo film di Jarman prima della morte nel 1994, non mostra agli spettatori nulla più di uno schermo interamente saturato da una campitura monocroma, quel blu Klein che occupava i pensieri del regista e dilagava anche – seppure in una tonalità probabilmente un po’ diversa – nel suo campo visivo. Su questo fondale denso e quasi abbacinante si alternano suoni (il traffico, la goccia nella flebo), musiche (pezzi originali, composti da Simon Fisher Turner, e non originali) e voci (dello stesso Jarman e dei suoi interpreti-feticcio John Quentin, Tilda Swinton e Nigel Terry) che ripercorrono e danno corpo a episodi della quotidianità, ricordi e pensieri, ma anche passaggi lirici e visionari, proiezioni immaginifiche di altrove spazio-temporali, e persino inserti provocatori e punk come un esplicito pezzo di spoken word dell’artista Momus, intitolato Lesbian man. Il blu è l’unico elemento visivo del linguaggio scelto da Jarman per darci accesso all’intimità della sua esperienza di quell’ultimo periodo. Questa forma così criptica e compressa vuole evidentemente riprodurre l’isolamento e la deprivazione sensoriale in cui la malattia aveva gettato il regista; eppure, nonostante Jarman stesso considerasse Blue quasi un documentario sull’AIDS, le sue scelte in questo film vanno oltre un’esigenza di mimesi o di condivisione di uno stato di sofferenza. Al contrario, Blue è il tentativo di uno sguardo mutilato (ma non annichilito) di allargarsi a cercare attraverso l’arte un orizzonte di resistenza, di affermazione del sé più autentico, e di trasfigurazione della propria condizione”.
Emiliano Morreale è uno dei pensatori di immagini più bravo che c’è in Italia e spesso scrive su Snaporaz. Questa settimana è uscita una sua recensione dell’ultimo film di Schrader, dal primo paragrafo: “Schrader sarà stato anche, ai suoi tempi, un minore, ma confrontarsi con il suo ultimo Oh, Canada in mezzo a idiozie come The Substance o Nosferatu, o furbe e riuscite operazioni come Emilia Pérez e Anora, è un esercizio salutare. Oh, Canada richiede tempo e attenzione; anche se non ha bisogno di durare due ore e mezza per dipanare la propria complessità, ogni scelta di regia implica il confronto con un coacervo di temi e di stile. La sua piacevole inattualità, però, è solo parziale. Schrader, che adatta il romanzo I tradimenti di Russell Banks, scrittore scomparso nel 2023 (e che aveva già ispirato uno dei suoi film migliori, Affliction), ha da dire qualcosa su due fenomeni dei nostri anni: l’affermarsi nel cinema della forma documentaria (il cosiddetto “cinema del reale”) e la moda letteraria dell’autofiction. Il documentario è un tema piuttosto nuovo per la letteratura, ideale per creare un cortocircuito tra la figura dell’autore e quella del narratore. Penso a Un romanzo russo di Carrère o a Suite per Barbara Loden di Nathalie Léger (e di recente, in maniera diversa, a Roberto Andò nel Coccodrillo di Palermo). Ma raccontato nel cinema di finzione il documentario comporta un ulteriore carattere autoriflessivo, come genere in cui le questioni estetiche ed etiche del filmare diventano lampanti: cosa filmare? Cosa tenere fuori campo? Quando tagliare? Come e perché inserire una musica? Come gestire il rapporto con gli esseri umani dentro il film, con il loro essere attori e persone?”. In questo periodo sto rileggendo un saggio di Morreale che si intitola L’invenzione della nostalgia che racconta come il sentimento (ricattatorio) della nostalgia nasce insieme alla nascita stessa della produzione dei immagini. Costa molto ma si trova usato (io l’ho preso su Vinted a poco). Consiglio.
È uscito anche un mio pezzo per LINK-Idee per la tv che riflette sul cinema d’autore di animazione a partire da Flow, Linda e il pollo e Sauvages. Vi avevo già parlato dei primi due, soprattutto di Linda e il pollo (uno dei miei film preferiti dell’anno), infatti partiamo proprio da lui: “Un terzo film fondamentale è Linda e il pollo di Chiara Malta e Sébastien Laudenbach, una co-produzione italo-francese uscita al cinema a fine settembre, dopo essere stato presentato al Torino film festival nel 2023. Una bambina vuole ricreare l’ultima ricetta che le ha cucinato suo papà prima di morire: il pollo con i peperoni. Da qui una serie di peripezie per trovare gli ingredienti in un giorno di sciopero generale. Il tipo di animazione è dominata da coloratissimi sketch minimalisti con sfondi disegnati dall’artista Margaux Duseigneur, una visione in technicolor che fa incontrare il fumetto con la tavola pittorica. La storia è una piccola fiaba di ribellione non moraleggiante, in cui Linda urla, si dimena, rifiuta e raggira la legge degli adulti (quella dei genitori come quella dell’autorità che la insegue). La linea narrativa è tesa al superamento del lutto della protagonista, ma soprattutto viene creato uno spazio del possibile nel quale, per un giorno, la direzione del mondo è affidata ai bambini. E allora il vero sciopero generale è quello fatto da loro e dalla loro scoperta di un senso di comunità che li lega. Questo è un passaggio fondamentale nella scrittura per bambini e non di bambini, l’idea di riuscire a incarnare lo sguardo della scoperta. Supera l’idea dell’animazione come prodotto per un pubblico solo infantile, Linda e il pollo allarga lo sguardo perché non è un film pedagogico né un film rassicurante, ma anzi riesce a far convergere due sguardi contrapposti (quello del figlio-genitore, ma anche e soprattutto bambino-adulto) in un discorso che si autoalimenta nel conflitto e nel costante cambio di prospettiva. Questo discorso, –fare uno scarto nello sguardo – è applicabile anche ai film citati in precedenza: Flow, riesce a incarnare un punto di vista specifico, ti lascia con il fiato sospeso, segui con apprensione l’avventura del gatto nero, ma soprattutto ha la capacità di farti immergere in un mondo da esplorare e Sauvages lo fa attraverso una narrazione sociale; chi ha detto che un film di animazione non può fare politica? Anche qui il discorso è su più livelli, il linguaggio della stop-motion rimane semplice ma la storia raccontata e l’esplorazione della foresta è una profonda critica sociale. L’idea è un ribaltamento della rappresentazione della realtà, un sovvertimento delle regole attraverso gli strumenti del possibile. Lo spettatore non solo può allenare l’occhio a tecniche diverse, quindi a tante rappresentazioni della realtà, ma soprattutto può immergersi in luoghi e mondi nuovi, indossando occhiali fantastici per mettere a fuoco delle nuove letture radicali sulla realtà.”
Per oggi è tutto, ci sentiamo tra due settimane.
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A presto!